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SONO COME TU MI VUOI

By 2 Aprile 2019 No Comments

PREMESSA

 

SONO COME TU MI VUOI

è la storia di

Carmela che  raggiunge i Servizi Sociali di un piccolo comune della periferia di Napoli perché il suo avvocato le chiede di farlo;

è la storia di

Carmela  che raggiunge il CAV perché gli assistenti sociali le dicono di farlo;

è la storia di

Carmela  che rimbalza di uomo in uomo perché le possano dire chi deve essere;

In tutto ciò che le viene detto non c’è verità, non c’è chi è veramente Carmela

                                               una bambina mai vista,  una madre mai vista,  una donna mai vista.

 

La storia che vi racconterò è la storia vissuta come psicologa di un Centro Antiviolenza all’interno di un comune della Provincia di Napoli. Il Centro ha avuto la durata di sei mesi ed è stato gestito dall’associazione di promozione sociale di cui faccio parte “Le Kassandre”.

Le Kassandre nasce nel 2004 da un gruppo di donne che da allora portano avanti azioni di contrasto diretto (sportello antiviolenza) ed indiretto (attività di promozione e sensibilizzazione) alla violenza di Genere, nello specifico nel quartiere Ponticelli della Periferia Est di Napoli.

Io come psicologa e psicoterapeuta sono parte del Direttivo dell’associazione ed oltre ad occuparmi del coordinamento dei progetti sono anche impegnata nelle prese in carico delle utenti.

Carmela arriva da me a metà luglio e i colloqui si concludono a conclusione del progetto a settembre.

 

CHI E’ CARMELA?

Carmela è una donna di 26 anni, in apparenza si mostra molto più piccola della sua età, un look da eterna bambina e un modo di fare molto adolescenziale.

Primogenita di una madre casalinga e di un padre salumiere in una catena di supermercati, sorella di un fratello di 21 anni che lavora solo nei periodi estivi come cameriere a Rimini. Lei non ha concluso gli studi, le dicevano sin da piccola che era “un po’ ottusa” e non ce la faceva a studiare ed apprendere, per cui abbandona precocemente la scuola.

A 16 anni rimane incinta di un ragazzo con cui era fidanzata da pochissimo che la lascia alla nascita del piccolo  Alessio ( ora 10 anni) e del quale non sa più nulla. Carmela si descrive come “una ragazza che amava essere corteggiata senza dover pensare a niente”.

A 18 anni, spinta soprattutto dalle difficoltà economiche familiari va a lavorare in un negozio di oggettistica cinese e lì incontra Diego di 46 anni. Dopo due mesi vanno a vivere insieme.

 

CHI E’ DIEGO?

Diego viene da una famiglia non per bene, in un quartiere malfamato della periferia di Napoli. Già alle spalle una separazione con una donna che in seguito racconterà a Carmela di aver subito violenze fisiche da lui e dalla quale ha avuto due figlie ( 13enne e 17enne). In corso i procedimenti penali per le violenze subite, Diego ha un ordine di allontanamento dalla casa della sua ex moglie e sporadicamente vede le figlie.

Diego ha sempre fatto lavori saltuari, alcune volte è stato operaio in una fabbrica d’acqua. Emergerà dai racconti di Carmela che Diego è inserito in qualche attività poco lecita e che come il padre ha il “brutto vizio di bere e di buttare le mani”.

 

CONTESTO

Il contesto in cui i due si incontrano e vivono è un contesto da noi ben conosciuto lavorandoci da più di 20 anni e dove la violenza di genere è legittimata come forma espressiva di supremazia dell’uomo sulla donna. In entrambe le famiglie di origine dei due protagonisti della storia c’è un clima violento che nei racconti di Carmela viene o celato o giustificato. La donna chiederà aiuto molto tardi quando si renderà conto che a rischio non era lei ma i suoi figli. Fino ad allora quello che accadeva veniva minimizzato o giustificato perché era per lei giusto che un uomo le dicesse non solo come comportarsi ma anche chi e come essere.

L’INCONTRO

Quello che Carmela racconta di quell’incontro è l’idillio per eccellenza che si caratterizza di un potere magico in cui lui è caricato di valenze mai sperimentate prima, lenitive e simbiotiche. Lenitive perché Carmela racconterà di aver avuto un padre violento fisicamente con la madre e verbalmente con lei ripetendo continuamente che non “era buona”; simbiotiche perché sin dall’inizio si adatta all’idea della donna che lui ricercava e lascia il lavoro su richiesta di Diego che le promette di poterle bastare.

Carmela è da subito avvolta in una relazione di forte dipendenza con un totale discontrollo come incapacità di avere un controllo su se stessa. Lei non voleva altri figli ma Diego si e da questa relazione nascono due bambine ( Chiara di 4 anni e Francesca di 2 anni). Carmela racconterà di maternità non scelte ma “avvenute” .

 

LE VIOLENZE

Le violenze sono iniziate con l’inizio della convivenza ( 2010) perché lui la costrinse a non lavorare più. Ben presto lui cominciò a non sostenere più la famiglia lavorando saltuariamente e quindi hanno vissuto per lo più con gli aiuti della famiglia di lei e dei suoi risparmi (soldi messi da parte quando lavorava ed addirittura impegnando dei beni d’oro quando si sono trovati in difficoltà).

Carmela definisce come scatti improvvisi gli agiti violenti di Diego che associa il più delle volte all’abuso di alcol. Nel 2015 Carmela per aiutare la famiglia decide di lavorare come collaboratrice domestica e questa decisione è stata la fonte principale delle loro furiose liti perchè Diego non vuole che Carmela lavori. Diego diventa anche intollerante rispetto ai contatti della donna con amiche o familiari al punto che deve addirittura nascondere se il fratello le da un passaggio in auto. Infatti la donna comincia ad isolarsi e nascondere qualsiasi contatto che ha con la sua famiglia e le sue amiche; spesso lui davanti a loro la insulta chiamandola anche “puttana”.

Le violenze  sono fisiche ( pugni, calci e schiaffi) sessuali ( rapporti forzati contro la sua volontà), psicologiche ( svalorizzazione e minacce di morte)  e non mancano persecuzioni con telefonate e appostamenti.

Gli episodi che portano alla separazione definitiva dei due partono  il 19 marzo 2017 : giorno in cui Carmela subisce violenza fisica e sessuale. I dettagli del racconto sono agghiaccianti al punto che sarà la prima volta che Carmela scoppierà in lacrime durante i colloqui.

 Non andrà a denunciare perché si vergognava dell’accaduto [1].

Seguono altri episodi che racconterà nei dettagli.

Il 22 marzo 2017 durante una lite scaturita dal fatto che lui l’aveva vista prendere un passaggio dal fratello, Diego la picchia con schiaffi in faccia e dietro la nuca mentre Carmela aveva la bambina in braccio. La donna racconterà  che lui si sia fermato per le urla ed il pianto della bambina. Quella sera Diego le ruppe il telefono quando lei lo aveva preso per chiamare aiuto, la minacciò di morte puntandole un coltello alla gola e la costrinse a dormire sul pavimento. Il giorno successivo Carmela si recò dai carabinieri di Cercola che non l’hanno sostenuta nella denuncia invitandola a tornare con il marito per cercare di appianare le “discussioni”.

Carmela va via di casa e si trasferisce dai suoi ma ne fa ritorno il 14 aprile durante le festività pasquali in quanto Diego più volte le aveva promesso che non si sarebbero più verificati  episodi come i precedenti.  C’è tra i due la solita dinamica ed escalation di violenza per cui subito dopo gli atti violenti, lui ritorna e le mostra pentimento. Entrambi minimizzano l’accaduto. Più volte Carmela mi dirà che era lei ad istigarlo perché come le dice la madre “ha un brutto carattere”. Non solo, in Carmela c’era l’illusione che lui con lei poteva essere  diverso e che avrebbe mai lasciato i figli come accaduto nel primo matrimonio. Carmela mi dice che ha sempre tenuto allo scuro i suoi genitori di questa relazione violenza seppur qualche volta i segni erano palesi loro non hanno mai fatto domande.  

In questo circolo vizioso di violenza, dopo gli episodi descritti Carmela torna a casa con le due bambine lasciando Alessio  dai suoi genitori perché non voleva più contatti con Diego.  Il 30 aprile litigano nuovamente e Diego le dice di non voler stare più con lei e con i figli, prende la bambina di 2 anni e tenta di buttarla giù. Diego esce di casa ma ritorna e trovando la porta con le chiavi dietro la sfonda a pugni, riuscendo ad entrare e picchiare duramente Carmela. Intervengono i vicini che chiamano i carabinieri.

In quell’occasione, viene chiamato il fratello di Carmela che il giorno dopo l’ accompagna a sporgere denuncia.  A quel punto lei si trasferisce definitivamente dai genitori e si rivolge ad un avvocato ( avrà esposto due denuncie e un referto).

 

Le violenze che racconta non sono solo fisiche ma anche psicologiche, racconterà di tante e tante volte in cui lui insultandole le ripeteva che “tu non vali niente”. Questa frase risuonerà molto dolorosa in lei perché anche il padre la faceva e la fa sentire così pur non agendo mai violenza fisica su di lei.

 

L’ARRIVO AL CAV

L’avvocato di Carmela ( non era un avvocato del Centro Antiviolenza) orienta la donna agli assistenti sociali per la questione relativa alla gestione e l’affido dei figli. La linea che si vuole portare avanti è quella per lavorare sulla decadenza della patria potestà del padre. Quando Carmela si rivolge agli assistenti sociali a giugno denunciando l’assenza del padre e chiedendo una loro mediazione, gli stessi trovano opportuno inviarla al Cav ma prevalentemente per offrire alla donna un sostegno psicologico.

Il primo colloquio di accoglienza[2] fa emergere la necessità di valutare la possibilità di un inserimento in una casa di protezione ed insieme agli assistenti sociali l’operatrice di accoglienza ne parla con Carmela che sembra acconsentire.  Passano alcune settimane prima che gli assistenti sociali prendano contatti con le strutture di accoglienza per chiedere disponibilità, intanto Carmela inizia il percorso psicologico[3].

La signora arriva da me solo a metà luglio, faremo due colloqui prima della sospensione estiva e altri 4 che dovranno concludersi per la chiusura del Servizio.  In linea con quanto concordato in equipe, nel primo incontro affrontiamo la questione del trasferimento temporaneo in casa di protezione e la signora sembra essere d’accordo. La scena cambia quando dopo una settimana dice agli assistenti sociali che Diego si è trasferito a Bergamo e quindi lei sta più tranquilla.  Fino ad allora Carmela racconta di svariate telefonate del marito in cui veniva insultata e minacciata, racconta di aver paura a venire al Cav perché lui lavorava nelle vicinanze. Le telefonate diventano compulsive soprattutto dopo che lei era  andata a raccontare al datore di lavoro di Diego di una sua nuova relazione e si concludono quando lui parte per Bergamo.

Con questa partenza improvvisa, Carmela e gli assistenti sociali si rasserenano mettendo da parte l’idea di un trasferimento in casa di protezione ma in equipe[4] continuiamo a chiederci quali rischi di recidiva possa correre Carmela e se le persone che sembrano tutelarla siano davvero una risorsa per lei.

La sua famiglia di origine è si un punto di riferimento ma dai colloqui emerge che quello che i suoi genitori hanno sempre desiderato per lei è che “arrivasse un uomo e la portasse via”. Quest’uomo con cui ha iniziato una relazione da poco sembrerebbe rientrare nelle loro grazie al punto che la spingono a prendere in considerazione l’idea di trasferirsi a Torino, dove risiede appunto Francesco.  Francesco di 36 anni, vive a Torino ma ha origini del Sud. Vive lì e lavora come contadino. Carmela lo descrive come “diverso” dagli altri uomini conosciuti perché molto timido e non molto attraente.  I due si sono conosciuti il 18 maggio in Umbria . Carmela era lì con il figlio Alessio in una gita organizzata dalla parrocchia. L’incontro avviene ad un mese dalla separazione da Diego e al raccontare a lui tutto quello che stava vivendo lui le promette di aiutarla e di salvarla chiedendole da subito di andare a vivere con lui. I due non si vedono da allora ma Carmela racconta di sentirlo e di avere questa idea di trasferirsi lì.

I 4 colloqui dopo la pausa estiva si focalizzano soprattutto sull’aiutare Carmela ad aiutarsi , a portare avanti un percorso di autonomia e di crescita personale. Innanzitutto Carmela comincerà a riflettere sulle conseguenze di un eventuale trasferimento ( allontanamento dai figli ); sulle similitudini con le altre relazioni ( idealizzazione e scarsa conoscenza del partner); e sull’impossibilità di mantenersi in maniera indipendente perché senza lavoro.

Carmela raggiungerà quindi all’idea di dedicarsi a sé e con lei si decide di inserirla in un percorso di Orientamento Lavorativo[5] per cui viene fuori una predisposizione per l’estetica e le si danno informazioni per le scuole di estetica nelle vicinanze. Inoltre Carmela ha iniziato a lavorare da una signora come badante durante tutta la giornata e per alcune notti.

 

LA CONCLUSIONE DEL PERCORSO

All’ultimo colloqui Carmela mi dice:  “Mi sento di sprofondare … mi serve una guida”.

In effetti, nonostante vari passaggi importanti che la donna ha effettuato ho ritenuto opportuno restituirle l’importanza di proseguire il percorso dandole riferimenti sul territorio[6]. Nessuno operatore deve sostituirsi alla donna ma dinnanzi a tali fragilità la sensazione di avere una guida che possa “orientarla” è più che plausibile.

Questa informazione è stata data anche agli assistenti sociali chiedendo un’attenzione particolare perché Carmela mostrava molti segni di vulnerabilità di recidiva e nei confronti del marito e nei confronti di questa nuova relazione.

 

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

In diversi momenti della storia sarebbe stato opportuno effettuare una valutazione del rischio [7]: l’incontro con i carabinieri; l’incontro con gli assistenti sociali, all’accoglienza al CAV e alla  fine dei colloqui psicologici ma soprattutto al fine di un monitoraggio dopo un periodo di tempo. Ho ipotizzato tante valutazioni in linea con l’idea di un vero lavoro di rete e in linea con l’idea di quanto la valutazione sia dinamica nel senso che cambia in base alle condizioni di vita che  sono cambiate.  Essendo, quella di Carmela e Diego una storia di violenza di lunga durata ci troviamo di fronte a fattori di rischio dinamico che sono mutati nel tempo soprattutto nei momenti in cui Carmela manifestava esigenza e volontà di spazi di autonomia e libertà. Altro fatto re dinamico è la precarietà lavorativa di lui che diviene giustificazione alle sue crisi violenze. Gli aspetti quali l’allontanamento di lui, la nuova relazione, l’inizio del percorso formativo e lavorativo di lei fanno pensare ad un percorso di fuoriuscita ma le vulnerabilità della signora sono così evidenti e così scarse le sue risorse che valuto un’alta possibilità di una rivittimizzazione e di recidiva, considerando che Diego ha già un procedimento penale in corso per i precedenti atti violenti contro la ex moglie.

Questa considerazione viene dalla somministrazione del SARA  e del SARA PLUS[8] ipotizzando di averli effettuati alla fine del percorso.

Da tali somministrazioni sono evidenti fattori di rischio e di vulnerabilità che proverò ad illustrare di seguito.  

I fattori di rischio nel momento della valutazione con gli strumenti utilizzati ed allegati sono molto e molto elevati. Innanzitutto la lunga storia di violenze estreme rivolte a Carmela e alla sua ex moglie. Inoltre la persistenza di minacce di violenza e di morte nelle telefonate che Diego fa a Carmela minimizzando del tutto il suo comportamento. Le violenze fisiche e sessuali risalgono a cinque mesi fa ma è in corso un procedimento penale e nel momento in cui Diego ha saputo che Carmela aveva iniziato una nuova relazione ha inveito contro di lei con continue telefonate e pedinamenti. Il tutto si è placato quando Diego è partito, non ci è dato sapere perché e cosa stia facendo a Bergamo. Altro elemento di rischio il lavoro instabile e legami con l’illegalità  ma in che termini non ci è chiaro. Altro ed importante fattore di rischio l’abuso di alcol .

I fattori di vulnerabilità sono evidenti da subito: innanzitutto Carmela ha un atteggiamento incoerente giustificato al suo dire dalla presenza dei figli che avendo assistito alle violenze sono da considerarsi come uno dei fattori di rischio estremo. Dopo il primo tentativo di andare via da casa, Carmela ritorna da Diego dopo pochi giorni, fa arrivare a lui notizie parlando di sé con tutte le persone che hanno contatti con lui quasi per far scatenare delle reazioni. Carmela è fragile, spaventata oltremodo e non dispone di risorse economiche e psichiche tali da poter affrontare la situazione con lucidità e consapevolezza. Anche se alla fine del percorso ha iniziato la scuola di estetica e sta lavorando, la sua situazione economica è ancora precaria.

Ultimo elemento di vulnerabilità importante è il sostegno inadeguato alla vittima: i tempi degli assistenti sociali che non lavorano sull’emergenza quando era il caso di valutare significativamente l’inserimento in una casa di protezione; i tempi del CAV che non hanno potuto lavorare sul monitoraggio della signora ed una presa in carico prolungata.

 

LA GESTIONE DEL RISCHIO [9]

Con Carmela soprattutto il lavoro deve essere un lavoro di rete per lei e CON lei per non passarle il messaggio che qualcuno si sta occupando di lei ma renderla protagonista in una presa in carico che possa offrirle innanzitutto fiducia. Abbiamo visto nella storia che questo è molto difficile perché la struttura di personalità porta Carmela ad essere come vogliono gli altri in un fare ed essere compiacente. Così Carmela si perde di vista ed il lavoro di rete deve essere del tutto concentrato sulla scoperta delle proprie risorse e consapevolezze. La donna è stata per una vita svalutata dal padre e dai compagni che o l’abbandonano o le usano violenza; Carmela ha bisogno che qualcuno le restituisca fiducia e la consideri capace di essere quel qualcuno che vuole.

Per identificare il piano migliore di rischio mi immagino una media probabilità di rivittimizzazione e recidiva con una medio alta gravità della violenza.

Mi immagino per la gestione del rischio di supportare le azioni già avviate: l’accoglienza e presa in carico in un CAV, la presa in carico legale e il supporto per l’orientamento lavorativo. Inoltre però individuo le seguenti azioni ( talvolta mancate, talvolta non ancora avviate) necessarie:

DENUNCIA: Carmela avrebbe dovuto denunciare, trovare supporto quando finalmente si è recata dai carabinieri che avrebbero dovuto dedicare più tempo a valutare i rischi .

PRESA IN CARICO PSICOLOGICA PROLUNGATA: presso il CAV sarebbe stato opportuno un accompagnamento prolungato della signora.

Mi immagino inoltre le seguenti azioni da proporre:

MONITORAGGIO: la “regia” dovrebbe essere degli assistenti sociali che dovrebbero vigilare sul caso in continuazione valutandone periodicamente il rischio. Sono loro che dovranno orientare la signora ad altri CAV esistenti sul territorio per avere un sostegno e riprendere il percorso di counselling.

TRATTAMENTO per l’autore di violenza : eventuale una presa in carico ad un Sert per il suo problema di dipendenza o ad un CAM per affrontare nello specifico le dinamiche della violenza.

Dott.ssa Clara Fargnoli

Psicologa e psicoterapeuta

 

Bibliografia:

  • V.Cigoli: “ Intrecci familiari. Realtà interiore e scenario relazionale” Raffaello Cortina, 1997
  • M. Andolfi: “La crisi della Coppia. Una prospettiva sistemico relazionale” Raffaello Cortina; 1999
  • Caretti e La Barbera: “Le dipendenze patologiche, clinica e psicopatologia”. Raffaello Cortina; 2005
  • G. Creazzo: “Scegliere la libertà: affrontare la violenza” Franco Angeli 2015
  • A. Pauncz: “Da uomo a uomo. Uomini maltrattanti raccontano la violenza domestica”, Erickson 2015
  • S. Iacone: “Mio servo, mio padrone” Mimesis 2017

[1] Le parti in grassetto saranno elementi cruciali per la riflessione sulla gestione del rischio ( allegata nelle slide ) e definiscono momenti importanti in cui sarebbe stato opportuno intervenire.

[2]  L’ Accoglienza è il primo filtro importante per determinare il tipo di servizio che sarà possibile offrire all’utente tra i vari disponibili. Accogliere significa ascoltare in maniera attiva, comprendere la richiesta, analizzando la domanda dell’utente. La specificità della metodologia dell’accoglienza, cosi come è intesa dalle Kassandre, è già la fase dell’accoglienza si presenta come un colloquio psicologico, per cui necessita di un setting ben definito e di un operatore con formazione psicologica. L’operatore d’accoglienza, oltre ad effettuare l’analisi della domanda, ha una funzione di raccordo tra l’utente e le varie figure professionali che si occuperanno del caso.

 

[3] I motivi per cui viene richiesta una consulenza psicologica sono i più vari  (problemi familiari, conflitti di coppia, depressione etc). In generale si cercheranno di affrontare e risolvere differenti problematiche inerenti l’affermazione, l’espressione e lo sviluppo delle identità femminili in ambito familiare, lavorativo e sociale. La consulenza psicologica,  si struttura di solito in 4 colloqui di approfondimento clinico, in cui l’utente potrà elaborare il vissuto traumatico.

 

[4] Gli incontri di equipe ( tra operatrici di accoglienza, psicologo, avvocato e supervisore) sono fondamentali, in quanto permettono che vi sia una condivisione degli obiettivi e delle strategie utilizzate, tra i vari operatori enti o istituzioni, a seconda del singolo caso.

La condivisone tra gli operatori, infatti, risulta un momento essenziale per garantire la messa in atto di buone pratiche

 

[5] E’ stato effettuato un solo colloquio di orientamento al lavoro visti i tempi del servizio. Si è costruito un bilancio delle competenze e compilato un curriculum vitae.

[6] L’unico sportello Antiviolenza più vicino a dove abitava la donna era quello delle Kassandre in Ponticelli.

[7] Parliamo dunque di Valutazione del Rischio dinamica

[8] In allegato

[9] Allegato Video Gestione del RIschio